Come sarebbe se riuscissimo a.. stare?
Proprio stare.
Stare lì, stare qui, stare ancora.
Lì, se ne siamo ancora un po’ distanti;
qui, se siamo riusciti ad entrarci dentro;
ancora, se abbiamo imparato a resistere, almeno un po’,
nella resilienza,
non più in fuga, non più distratti da altro.
Non so bene come sarebbe si ci riuscissimo,
un po’ lo intuisco, a tratti lo vivo.
Di fatto, la strada mi par quella.
Lo stare nel proprio sentire
è quello di chi non getta responsabilità altrove
e al di fuori di sé.
Lo stare nelle proprie scelte
è quello di chi ha imparato
a ricordare i gesti delle sue mani,
mentre tesseva trama e ordito
dei suoi giorni.Lo stare nel proprio corpo, qualunque sia,
come unico, vero e immenso regalo.
Lo stare nel proprio gaudio
è quello di chi ha superato e integrato l’inesistente colpa,
l’altrui peccato,
primarie menzogne
e primari inganni.
Lo stare nel proprio dolore è quello di chi sa riconoscere ovunque la risorsa, l’opportunità, l’occasione
per far crescere, ripulire e nutrire Anima.
Lo stare sul confine
dell’equilibrio-non-equilibrio
è quello di chi riesce ad accogliere
la perdita di controllo
e si mette sulla strada
per andare anche solo un po’ oltre
nonostante i non so
e nonostante i mi perdo..
Lo stare nel contatto vivo con la Natura
– Terra, Aria, Acqua, Fuoco, ma anche i cinque, sei, forse sette sensi, ognuna delle cellule, ognuna delle molecole –
è quello di chi ha fatto pace, profonda,
con l’incarnazione che ci attraversa,
che ci precede e che dimenticherà le nostre identità.
Lo stare nel silenzio
di ciò che non so definire
– perché troppo luminoso, troppo estatico, troppo oltre, troppo amore –
è quello che regala tutto il nutrimento, la protezione,
le risorse, il sostegno di cui sentiamo di aver bisogno.
Tutte le volte che in questi anni di percorsi ed esperienze
ho incontrato e vissuto potenti strumenti
di guarigione profonda e crescita personale
– fosse un percorso terapeutico, un vissuto doloroso,
un cambiamento molto impegnativo,
un tamburo, un respiro circolare, una sostanza enteogena,
ma anche e soprattutto
una relazione d’amore, una relazione sessuale,
una qualunque possibilità di scendere in profondità –
ogni volta, lo ripeto, torna la resistenza.
La resistenza
Quel che ci porta a fuggire.
Quel che ci porta a mentire, in ultimo agli altri.
Quel che ci rinchiude in una qualunque rassicurante,
ma limitante definizione.
Quel che ci porta a tornare in superficie.
Quel che ci priva della speranza, della fiducia di farcela.
Quel che ci allontana dall’intento iniziale.
Quel che alimenta paura, anziché amore.
Quel che realmente e potentemente ci porta dritti nel dolore.
Non appare né bella, né utile, né piacevole,
eppure incappiamo lì, ogni volta.
In alcune situazioni la incontriamo e ne siamo consapevoli;
in altre la neghiamo con la tenacia di tigri inferocite;
in altre ancora ci arrendiamo, riducendo e impoverendo
tutto ciò che in realtà siamo.
Non ho risposte quando mi domando:
“Perché resistiamo tanto?”
Quale programma,
quale dispositivo,
quale hard disk,
quale grave minaccia
ci tenga intrappolati altrove
e ci porti a resistere alla vita,
al superamento del dolore, alla pienezza, alla gioia,
alla comunione profonda..
No, io non lo so.
Posso intuire qualcosa,
ma il sapere è altro.Solo guardo con interesse e sorriso,
oltre che con tremore riverente e silenzioso,
i momenti di caos e di destabilizzazione
i momenti del “Così non posso andare avanti”;
i momenti in cui tutto intorno crolla e rimane unicamente il
“Io so chi sono e so che ce la faccio“.
..allora rimane la resa.Rimane Anima,
apparentemente solo Anima.
..e penso che ce la faremo.
Penso che andrà tutto bene.